“Da qui, messere, si domina la valle
ciò che si vede, è.
Ma se l’imago è scarna al vostro occhio
scendiamo a rimirarla da più in basso
e planeremo in un galoppo alato
entro il cratere ove gorgoglia il tempo”
In volo, Banco del Mutuo Soccorso
Se è vero che tutto ciò che si vede, e quindi è, è già stato detto, scritto e raccontato, tanto vale avventurarsi nelle terre ancora non del tutto esplorate del non è, o del non è ancora, o finanche del non sarà mai. Perché anche se alcune tessere del puzzle del futuro possono già essere facilmente incasellate, l’immagine femminea che apparirà quando il sarà potrà essere declinato al presente e il tempo cesserà di gorgogliare è oggi irrimediabilmente scarna, se non del tutto indecifrabile.
Ma dopotutto non è così importante scommettere sul sorriso o sulle grida di dolore, sulla giovinezza o sulla senescenza, sulla limpidezza o sull’enigmaticità del viso della novella Gioconda, quanto provare a raccontare un non detto che, al di là della sua opinabile verosimiglianza, possa ridestare in chi legge il desiderio sopito di rimboccarsi le maniche per imbastire un futuro collettivo che non sia fondato sulla mera estrapolazione delle tendenze in atto, o peggio sulla credenza che il futuro sia una semplice replica del presente. In un mondo che sembra guidato da un cieco pilota automatico, un tale desiderio suona oggi quasi rivoluzionario.
A chi pecca di facile ottimismo, o ha fede nelle virtù taumaturgiche dell’intelligenza umana, le pagine che seguono potranno apparire incomprensibili, o finanche risultare un insopportabile affronto all’intelligenza stessa. Mentre invece è proprio l’intelletto uno dei protagonisti del racconto, nelle due forme su cui si giocheranno i destini dell’Uomo e della Terra, ovvero quello che risiede nella corteccia cerebrale umana e quello traslato dai suoi neuroni in chip di silicio senza vita.
L’altro protagonista è lo spirito creativo, di cui il genere umano si è impregnato stando a contatto con il miracolo della natura sin dall’origine della specie. Con l’allentarsi artificioso del legame ancestrale dell’Uomo con l’ambiente, lo spirito rischia di perdere poco a poco i suoi connotati innovativi, quelli che di tanto in tanto fanno deragliare la Storia dai binari morti per traghettarla verso nuovi orizzonti. Per allontanare questo rischio abbiamo bisogno ora più che mai di silenziare i nostri dispositivi elettronici, spalancare le finestre e tendere l’orecchio ad ascoltare il sordo lamento di una natura che sempre di più ci vede come un nemico che la assale con sofisticate armi di distruzione anziché come una delle sue meravigliose creature. Solo così l’anima potrà vincere la pigrizia della mente offuscata dall’assordante rumore di fondo in cui si srotolano le nostre vite.
E poi, nel racconto ci sono le ragazze e i ragazzi, che più che i protagonisti sono i veri artefici di ciò che li attende. A tutti loro, costretti a navigare a vista remando contro le avversità e gli ostacoli di ogni genere che abbiamo frapposto sul loro cammino, la mia generazione dovrebbe avere il coraggio di chiedere scusa per aver speso il proprio tempo a consumare il presente anziché a seminare il futuro.
Possiamo a questo punto finalmente scendere a rimirare da più in basso la nostra magnifica sfera rotante, con quei colori pastello che tolgono il respiro, i contorni cangianti e quelle candide spirali bianche che la avvolgono.
Ma da più in basso, talvolta, le cose si rivelano essere diverse da come appaiono da lontano.
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